1. Che cos’è un contratto di concessione nel d.lgs. 36/2023
Il contratto di concessione è definito dall’art. 2 dell’allegato I.1 del d.lgs. 36/2023 come un contratto a titolo oneroso con cui una pubblica amministrazione affida ad una impresa privata l’esecuzione di lavori oppure la fornitura e gestione di servizi, riconoscendogli, come corrispettivo, il diritto di gestire l’opera o il servizio oppure tale diritto accompagnato da un prezzo qualora risulti necessario per garantire l’equilibrio economico dell’intera operazione.
A differenza dell’appalto pubblico, dove l’operatore riceve un pagamento diretto dalla pubblica amministrazione, nella concessione l’impresa è remunerata attraverso i ricavi generati dall’utenza, ossia dalle persone che utilizzano l’infrastruttura o il servizio. Questa diversa logica contrattuale comporta una ripartizione differente dei rischi, a partire dal cosiddetto rischio operativo.
2. Cos’è il rischio operativo nella concessione pubblica
Il rischio operativo è il rischio che il concessionario non riesca a recuperare gli investimenti sostenuti per la realizzazione dell’opera o l’esecuzione dei servizi, né riesca ad ottenere un adeguato ritorno sul capitale investito. Questo rischio può riguardare:
- il lato della domanda, quando vi è incertezza sul numero di utenti che utilizzeranno l’opera o il servizio, oppure
- il lato dell’offerta, quando i costi di gestione, manutenzione o funzionamento risultano superiori alle attese.
Più frequentemente, il rischio operativo si manifesta in entrambe le componenti, e grava integralmente sull’operatore economico.
Sebbene il trasferimento del rischio operativo al concessionario sia una condizione imprescindibile affinché un contratto possa qualificarsi come concessione, la pubblica amministrazione ha comunque l’onere di porre a gara operazioni che risultino sostenibili sotto il profilo economico-finanziario. Per questo motivo è fondamentale che l’intervento venga supportato da valutazioni approfondite che confermino, in via preventiva, la fattibilità e l’equilibrio dell’operazione, a garanzia dell’interesse pubblico e della legittimità dell’affidamento.
3. È obbligatorio il PEF nei contratti di concessione?
Lo strumento che consente di verificare la fattibilità e la sostenibilità economico-finanziaria di una concessione è il Piano Economico Finanziario (PEF). Si tratta di un documento che evidenzia i ricavi attesi e i costi previsti derivanti dalla gestione dell’opera o del servizio, lungo l’intero arco temporale della concessione. Il PEF consente alle amministrazioni di valutare l’equilibrio dell’operazione e alle imprese di apprezzare i rischi connessi all’iniziativa, in particolare il rischio operativo.
Tuttavia, nella pratica applicativa ci si interroga spesso sulla natura obbligatoria o meno del PEF. In particolare, ci si chiede se tale documento costituisca un allegato che deve necessariamente accompagnare la documentazione di gara predisposta dall’ente concedente oppure se debba essere considerato facoltativo, da predisporre o richiedere solo in presenza di determinate condizioni. La risposta non è univoca e dipende dall’interpretazione della normativa vigente, in particolare dell’art. 182, c. 5, del d.lgs. 36/2023, nonché dagli orientamenti espressi dalla giurisprudenza amministrativa.
4. La posizione del TAR sull’obbligatorietà del PEF nelle concessioni
Sull’argomento si è pronunciato il TAR Lombardia, affrontando il tema dell’obbligatorietà del Piano Economico Finanziario (PEF) nei contratti di concessione. Secondo il Collegio giudicante, l’art. 182, comma 5, del d.lgs. 36/2023 non impone all’amministrazione concedente di allegare il PEF al bando di gara, ma le riconosce la facoltà di valutarne la necessità “a seconda dei casi”, in funzione delle caratteristiche economiche e strutturali dell’intervento da affidare.
In modo analogo, l’art. 185, comma 5, non configura il PEF come requisito di ammissibilità dell’offerta, ma stabilisce che gli operatori economici sono tenuti a produrlo solo se richiesto dalla lex specialis di gara. In assenza del piano, la commissione può comunque valutare la congruità economica dell’offerta attraverso chiarimenti o documentazione integrativa. Ne consegue che il PEF non è obbligatorio in ogni procedura di concessione, ma assume rilievo solo se espressamente richiesto dall’ente concedente.
5. Quando il PEF diventa obbligatorio in base ad altre normative
Sebbene il d.lgs. 36/2023 non imponga sempre la presentazione del PEF per l’aggiudicazione di una concessione, alcuni settori specifici prevedono l’obbligo in base a normative proprie o regolamenti di settore. È il caso, ad esempio, dei servizi pubblici locali a rete e di rilevanza economica, in cui il PEF è uno strumento essenziale per valutare l’equilibrio economico-finanziario dell’operazione e la sostenibilità nel lungo periodo. In tali ambiti, il PEF serve a dimostrare la congruità del rapporto tra investimenti, ricavi attesi e durata della concessione.
Un altro esempio si rinviene nel settore idrico integrato, disciplinato dalla normativa ARERA, dove il PEF è richiesto per la determinazione delle tariffe. Anche nei servizi di trasporto pubblico locale, il PEF può essere obbligatorio in funzione delle regole dettate dai piani di bacino o dai contratti di servizio. È quindi importante che l’ente concedente valuti attentamente il quadro normativo di riferimento, in relazione alla tipologia di servizio oggetto della concessione, per stabilire se la richiesta di un PEF debba essere obbligatoriamente prevista.
6. Il ruolo del PEF nella fase esecutiva della concessione
Anche quando non è richiesto in fase di gara, il Piano Economico Finanziario può assumere un ruolo determinante durante l’esecuzione della concessione. In particolare, l’art. 192 del d.lgs. 36/2023 consente al concessionario di chiedere la revisione del contratto quando eventi straordinari e imprevedibili, non imputabili al gestore, incidano in modo significativo sull’equilibrio economico-finanziario dell’operazione.
In questi casi, il PEF rappresenta il documento di riferimento per dimostrare l’equilibrio iniziale e misurare l’impatto degli eventi sopravvenuti. Senza un piano originario depositato in sede di gara, sarà molto più difficile provare l’effettiva alterazione dell’equilibrio contrattuale. Per questo motivo, è consigliabile per gli enti concedenti prevedere comunque un PEF, anche quando non strettamente obbligatorio, a tutela della buona riuscita della concessione e per prevenire contenziosi futuri.
7. In conclusione
La redazione del Piano Economico Finanziario (PEF) nelle concessioni non è sempre obbligatoria, ma rappresenta in molti casi uno strumento fondamentale per dimostrare la sostenibilità dell’affidamento e il corretto trasferimento del rischio operativo al concessionario. La sua utilità va oltre la mera conformità normativa, poiché consente all’amministrazione di valutare ex ante l’equilibrio economico-finanziario del contratto, anche in relazione agli obiettivi di efficienza e tutela dell’interesse pubblico.
Il suggerimento operativo è di non considerare il PEF come un semplice allegato facoltativo, ma di valutare attentamente, in ogni procedura, se la sua predisposizione sia necessaria in relazione alla complessità dell’intervento, alla presenza di investimenti significativi, o alla normativa settoriale applicabile. Una corretta impostazione dei documenti di gara fin dalla fase iniziale, comprensiva di un PEF ben strutturato quando richiesto, riduce i rischi di contenzioso e rafforza la legittimità dell’intera procedura.
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