1. Telecamere sul posto di lavoro: cosa deve sapere il datore di lavoro
Sempre più aziende decidono di dotarsi di impianti di videosorveglianza per aumentare la sicurezza dei luoghi di lavoro e tutelare i beni aziendali. L’utilizzo di videocamere, però, non è privo di regole. Quando le telecamere riprendono ambienti di lavoro, la legge impone al datore di lavoro specifici obblighi che devono essere rispettati per evitare sanzioni anche molto gravi.
Abbiamo recentemente assistito un’impresa che aveva ereditato un impianto di videosorveglianza installato anni prima, in assenza di qualsiasi autorizzazione formale. Mancavano i cartelli informativi, non era mai stata redatta un’informativa per i dipendenti e nessuna istanza era stata presentata all’Ispettorato del lavoro. Dopo aver ricostruito lo stato dell’impianto, ci siamo occupati della redazione della documentazione necessaria per ottenere l’autorizzazione, dell’aggiornamento della segnaletica e della predisposizione dei modelli di informativa previsti dal GDPR. Un intervento che ha consentito all’azienda di sanare completamente la situazione, evitando sanzioni e garantendo il pieno rispetto delle norme vigenti.
Art. 4, legge 300/1970
“1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali…”
2. Serve sempre l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro o l’accordo sindacale
Quando il datore di lavoro decide di installare un impianto di videosorveglianza che, anche solo potenzialmente o incidentalmente, può riprendere i lavoratori nei luoghi di lavoro, è obbligato a ottenere una preventiva autorizzazione dall’Ispettorato del Lavoro oppure a raggiungere un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali.
L’art. 4 della legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori) prevede che l’autorizzazione o l’accordo possano essere concessi solo se il datore dimostra che le telecamere sono necessarie per le seguenti finalità:
- per esigenze organizzative e produttive;
- per la sicurezza dei lavoratori;
- per la tutela del patrimonio aziendale.
📌 Queste regole si applicano anche quando le telecamere non riprendono direttamente ambienti di lavoro, ma inquadrano aree in cui i lavoratori transitano o sostano abitualmente, come ingressi, magazzini, parcheggi interni all’azienda o zone di carico e scarico. Anche in questi casi, il datore deve comunque attivare la procedura prevista dalla normativa.
3. Cosa serve per ottenere l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro
Di recente, il nostro studio ha assistito un’impresa che intendeva installare un impianto di videosorveglianza nei propri ambienti di lavoro. Dopo aver raccolto tutte le informazioni necessarie, abbiamo predisposto e presentato l’istanza all’Ispettorato Territoriale del Lavoro, ottenendo l’autorizzazione in pochi giorni. L’esperienza ha confermato quanto sia determinante fornire fin da subito una documentazione chiara, completa e coerente con i requisiti normativi.
Per ottenere l’autorizzazione è necessario presentare una specifica istanza, accompagnata da una relazione tecnica dettagliata. Questa deve descrivere la tecnologia impiegata, indicare con precisione le finalità dell’impianto (organizzazione, sicurezza, tutela del patrimonio), localizzare le telecamere all’interno degli ambienti, allegare planimetrie aggiornate e spiegare le modalità di registrazione e conservazione delle immagini. È inoltre essenziale illustrare le misure adottate per garantire il rispetto della privacy dei lavoratori e dimostrare che le riprese non sono eccessive rispetto agli obiettivi perseguiti.
4. Quando deve essere richiesta l’autorizzazione dell’Ispettorato o raggiunto un accordo sindacale?
L’autorizzazione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro, o in alternativa l’accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, deve essere ottenuta prima dell’installazione delle telecamere o, se l’impianto è già presente, prima che venga attivato o reso funzionante. È un passaggio obbligatorio ogni volta che il sistema di videosorveglianza può anche solo potenzialmente riprendere i lavoratori durante la loro attività o nei luoghi in cui transitano abitualmente, come corridoi, ingressi, spazi comuni, magazzini o aree di carico e scarico.
La procedura non può essere attivata a posteriori, ossia dopo l’avvio del sistema o dopo che le registrazioni sono già iniziate. In questi casi, l’impianto risulta illegittimo, anche se installato in buona fede e per finalità lecite. Il rispetto del requisito temporale è quindi essenziale per garantire la validità dell’autorizzazione e per evitare pesanti sanzioni in caso di ispezione. La stessa regola si applica anche in caso di modifiche significative a un impianto già autorizzato, ad esempio se vengono aggiunte nuove telecamere o cambiano le aree sorvegliate.
5. Il consenso del lavoratore non basta
❌ Un errore ancora molto diffuso è pensare che basti far firmare un consenso al dipendente per poterlo riprendere sul posto di lavoro. In realtà, il Garante per la protezione dei dati personali ha chiarito più volte che, in presenza di un rapporto di lavoro, il consenso del lavoratore non può costituire una valida giustificazione per installare sistemi di videosorveglianza.
Questo perché il consenso, per essere valido, deve essere libero e consapevole. Ma nel rapporto datore-lavoratore c’è un’asimmetria di potere che rende difficile considerarlo davvero libero. Anche se il dipendente firma, non basta. L’unico modo per rendere legittimo l’uso delle telecamere nei luoghi di lavoro è ottenere l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro oppure raggiungere un accordo con le rappresentanze sindacali. In mancanza di questi passaggi, il rischio di sanzioni è concreto.
6. L’obbligo di installare cartelli chiari e visibili
Un altro obbligo spesso sottovalutato riguarda i cartelli informativi. Le aree soggette a videosorveglianza devono essere chiaramente segnalate, in modo che chi accede ai locali sia subito messo a conoscenza della presenza delle telecamere.
❌ Ma non basta scrivere semplicemente “Area videosorvegliata”: un cartello generico non è sufficiente a rispettare la normativa. Secondo il Garante per la protezione dei dati personali, i cartelli devono contenere informazioni minime ma precise. In particolare, devono indicare:
- chi è il titolare del trattamento;
- per quali finalità vengono raccolte le immagini;
- per quanto tempo vengono conservate le immagini;
- chi può accedere alle immagini o a chi vengono trasmesse le immagini.
- dove posso consultare l’informativa completa (v. paragrafo successivo).
In assenza di queste indicazioni, l’intero trattamento dei dati è considerato illecito, con tutte le conseguenze del caso in termini di sanzioni e invalidità delle riprese.

7. L’obbligo di fornire un’informativa ai sensi del GDPR
Oltre ai cartelli informativi, il datore di lavoro deve consegnare ai lavoratori un’informativa scritta che spieghi in modo chiaro e completo come vengono trattate le immagini raccolte dalle videocamere. L’art. 13 del GDPR prevede infatti che tutte le informazioni che, per ragioni di spazio, non sono riportate sui cartelli debbano essere fornite tramite un documento specifico. Quest’ultimo può essere consegnato direttamente ai lavoratori oppure messo a disposizione tramite affissione in bacheca o invio all’indirizzo e-mail aziendale.
❌ Questa informativa non può essere generica né presa da modelli standard. Deve essere redatta tenendo conto del sistema di videosorveglianza effettivamente installato e delle finalità concrete perseguite. Nella nostra esperienza, capita spesso che le aziende si affidino a documenti trovati online che risultano troppo vaghi o non coerenti con l’impianto in uso. Per questo abbiamo sviluppato dei documenti altamente personalizzabili, che consentono di essere pienamente in regola e di rispondere con chiarezza in caso di controlli o contestazioni.
8. Le telecamere vanno posizionate correttamente
Affinché l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro o l’accordo sindacale possano essere considerati validi, è fondamentale che il datore di lavoro indichi con precisione dove intende installare le telecamere. La localizzazione degli apparecchi non è un dettaglio tecnico ma un elemento essenziale per valutare la legittimità dell’intero sistema di videosorveglianza.
❌ Un impianto può infatti risultare illegittimo anche solo per il fatto di inquadrare aree considerate sensibili. Non è mai consentito installare videocamere in spogliatoi, bagni o altri luoghi dove le persone hanno una legittima aspettativa di riservatezza. Questo tipo di controlli è stato ritenuto dal Garante della protezione dei dati personali sproporzionato e contrario al principio di minimizzazione previsto dal GDPR e quindi severamente sanzionato.
9. Suggerimenti operativi
✅ Se stai valutando di installare telecamere nei tuoi locali aziendali o hai già un impianto in funzione il nostro consiglio è di fare una verifica approfondita. Gli adempimenti sono tanti e non sempre chi installa l’impianto è in grado di garantire anche il rispetto della normativa. La responsabilità però è sempre del datore di lavoro.
Il nostro studio offre un supporto completo che va dalla predisposizione della richiesta di autorizzazione alla redazione dei cartelli e delle informative fino alla revisione tecnica dell’impianto già in uso. Contattaci per una consulenza preventiva o per mettere in regola un impianto già installato. Meglio prevenire che dover correre ai ripari dopo un controllo.
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